La storia di Diego, un quarantenne alla deriva, è la storia del regista che, stregato dall’ipnotico suono di un piccolo e apparentemente insignificante pezzo di ferro, decide di seguire le sue orme fino a raggiungere confini inaspettati. Quel piccolo pezzo di ferro che da molti è conosciuto come lo scacciapensieri, il classico souvenir che sull’isola del regista, la Sicilia, viene chiamato marranzano, in realtà esiste in tutto il mondo sotto nomi e forme diverse. Sarà dunque questo antico strumento a guidare Diego in un viaggio dalle torride coste della Sicilia alle pianure congelate della Yakutia in Siberia, Paese da Diego conosciuto per il gioco da tavolo del Risiko. In Yakutia lo scacciapensieri viene chiamato Khomus, letteralmente “uomo magico”, ed è considerato strumento nazionale e simbolo di felicità. Nella terra dei ghiacci, lo strumento diventerà così la chiave d’accesso a un mondo magico in cui Diego si ritroverà involontariamente protagonista di un’antica profezia.

Scritto e diretto dal regista siciliano Diego Pascal Panarello, The Strange Sound of Happiness è il suo esordio al lungometraggio che ripercorre il suo viaggio personale alle origini dello scacciapensieri.

Tra documentario e film fantastico, Panarello racconta la storia da lui vissuta in prima persona nella ricerche sul magico strumento nel mondo. È dunque attraverso la voce fuoricampo di Panarello, anche protagonista del film, che assistiamo all’imprevedibile viaggio dalla Sicilia alla Yakutia.

Dalle prime ricerche sullo scacciapensieri inizia il racconto del regista che scopre l’etimologia di quello strumento che da tempo lo affascinava. Lo scacciapensieri, infatti, è così chiamato perché provoca piacere nel suonarlo. Le vibrazioni dello strumento sono strettamente collegate alla scatola cranica in modo da risultare come un massaggio al cervello di chi lo suona. Venduto in Sicilia, come souvenir dell’isola, il marranzano come viene lì chiamato, è spesso associato all’immaginario mafioso, ma pochi sanno che quel piccolo pezzo di ferro esiste ovunque nel mondo con diverse connotazioni e valori. Lo strumento dalle origini preistoriche, apparso poi in bambù secondo i primi modelli, viene trasformato, durante l’età del ferro, in quello che conosciamo oggi dai gitani del Rajasthan che lo hanno diffuso in tutti i Paesi in cui viaggiavano. Così, lo scacciapensieri sembra essere arrivato anche nella lontana Siberia, dove viene chiamato khomus e celebrato come emblema di felicità. Panarello scopre allora come le donne ornate da scintillanti costumi lo suonano nella steppa in inni alla fertilità. Lo scacciapensieri relegato a semplice souvenir in Sicilia o Sardegna è, invece, in Yacutia, un oggetto prezioso per l’intera popolazione. Nelle steppe gelate dove la temperatura può raggiungere i cinquanta gradi sotto zero, quel suono ipnotico e così semplice ricorda il suono delle gocce d’acqua, segno dell’imminente primavera che farà sciogliere i ghiacci.